11SET25
LE STORIE DI STRADA
L'estate di Luigino e Salvatore, raccontata da una volontaria
Sono tornata a Milano a fine agosto dalle ferie e a settembre ho ricominciato il mio solito turno di uscita, il martedì sera. La prima tappa è sempre quella della stazione Garibaldi; per le 21, le panchine installate alla fine dei binari sono già quasi tutte occupate, sono stati approntati i giacigli, qualcuno già dorme (i treni iniziano a circolare alle 5, per quell’ora dev’essere già tutto sgomberato, altrimenti gli inservienti si arrabbiano).
Inizia quello che io considero l’allenamento del martedì sera: cammina fino in fondo al binario, parla con l’inquilino, torna indietro, scale in giù, sottopasso, scale in su, prossimo binario, cammina fino alla panchina in fondo… Sono oltre 20 binari e a volte sono tutti occupati.
Al binario 3, da quando faccio unità mobile il martedì sera, quindi da almeno cinque anni, sulla panchina in fondo dorme Luigino. Ha quasi 70 anni, è la persona più sorridente e gioviale che conosca, ha sempre una barzelletta pronta, un sorriso, una battuta, ha realmente lo spirito di un bambino.
Ma stasera si comporta in maniera ancora più allegra, ridacchia da solo, mettendo in mostra i pochi denti che gli sono rimasti. Mi vede arrivare da lontano e a voce alta mi apostrofa: “Hai visto che bel colore???”
Mi avvicino ed effettivamente è abbronzatissimo! Con l’aria di chi ha fatto una marachella, mi fa: “Sono andato in ferie a Rimini!”
La mia prima reazione è di incredulità, penso che mi stia prendendo in giro, o che ci sia sotto qualcosa. Nella mia ignoranza, le prime domande che mi sono balenate in testa sono state: come avrà fatto a permettersi il viaggio, dove sarà stato a dormire, cos’avrà mangiato… Ma lui mi ha fermata subito: “Guarda, faccio esattamente come faccio qui a Milano! Faccio le mie passeggiate, trovo una mensa che mi dia da mangiare, cerco un barista simpatico che mi offra un caffè e faccia due chiacchiere… Però la panchina è vista mare!”
Ho visto così tanta gioia nel suo sguardo che ha reso felice anche me!
Al binario 11 invece incontro Salvatore (anche questo nome di fantasia), un uomo quasi cinquantenne, che conosco da un annetto. Lo guardo e lo trovo in condizioni splendide: innanzitutto è abbronzato, ma soprattutto lo vedo sano, ben nutrito, un taglio di capelli a regola d'arte, vestito bene, abiti scelti con cura, non i soliti, donati da qualche associazione che non aveva la taglia giusta… mi rendo conto per la prima volta che potrebbe anche essere un bell’uomo, se la strada non l’avesse colpito duramente.
Anche con lui mi fermo a fare qualche chiacchiera, ma il suo umore è l’opposto di quello di Luigino: è cupo e rattristato.
Mi racconta che lui, invece, è andato via a luglio, è stato via quasi due mesi. Prima di lasciare Milano si è dato una bella ripulita, ha trovato gli abiti migliori ed è salito su un treno per la Sicilia. Salito così, senza biglietto, sperando di non incontrare controllori, pronto a scendere e aspettare il treno successivo, nel caso l’avessero beccato. Dopo un viaggio avventuroso, è finalmente riuscito ad arrivare al suo paese natale, dove tuttora abita la sua mamma.
Come ogni anno, Salvatore va al paese, racconta che la sua vita e il lavoro a Milano vanno benissimo, dice che è a mani vuote perché qualcuno gli ha rubato la valigia durante il viaggio e resta qualche settimana a casa dalla mamma anziana; con tutte le monetine che è riuscito a racimolare e risparmiare nelle ultime settimane passate a Milano, riesce anche a portarla una sera fuori a cena.
La mamma lo accoglie, gli prepara tutti i suoi piatti preferiti e lo porta in visita a tutti gli amici e parenti che lo coccolano. Poi l’estate giunge al termine e lui deve tornare a Milano, al suo lavoro immaginario che lo terrà lontano fino alla prossima estate. La mamma gli dà una valigia, la riempie di vestiti e cose buone, lo saluta.
Salvatore ferma il suo racconto. Poi dice: “Lei non sa niente”.
Ma quella frase, alla fine, suona più come se mi stesse facendo una domanda.
Mentre percorro il binario al contrario, tornando indietro, penso che io non ne ho idea: non lo so se la mamma di Salvatore se lo immagini, dove suo figlio passi l’anno, o se faccia finta di non saperlo per non soffrire troppo, oppure se abbia capito qualcosa e voglia semplicemente dare al figlio l’opportunità di parlare spontaneamente.
Non so nemmeno se a Salvatore tornare a casa faccia più bene o più male.
Spero solo che, mentre Salvatore veniva abbracciato da sua madre, o mentre Luigino si addormentava sulla sua panchina di lusso vista mare, ci sia stato un po’ di sollievo, un momento di pace per due persone che ne hanno sicuramente tanto bisogno.