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Immagine Quando curarsi diventa una sfida

22GIU15

LE STORIE DI STRADA

Quando curarsi diventa una sfida

Questa storia inizia lontano, in un altro continente, precisamente in Nigeria, dove è nata Tamara.

Una vita tranquilla, una figlia, il lavoro di sarta, una famiglia affiatata, ma poi arriva una diagnosi di tumore che la obbliga a scegliere: in Africa sa di non avere speranze di guarigione, quindi l’alternativa è un viaggio verso l’Italia, verso l’Istituto dei Tumori di Milano. Qui vive una sorella, l’unica della famiglia che ha scelto di emigrare anni prima.

Nel 2012 comincia da un ospedale l’avventura italiana di Tamara: subisce l’amputazione di una gamba e riceve le cure necessarie, compreso il necessario sostegno psicologico. Per fortuna la situazione prende la giusta piega e, nonostante le difficoltà del caso, la forza d’animo, la fede cristiana e l’obiettivo di continuare a fare la mamma, la spingono a superare molti ostacoli, a sopportare il dolore, a cercare di curarsi al meglio. La sorella che la ospita, però, non riesce a comprendere le difficoltà della situazione e per evitare litigi sempre più faticosi, Tamara trova rifugio nel monolocale di una connazionale fuori Milano. L’appartamento è in affitto e la situazione non può che essere temporanea, quindi un giorno raduna le sue cose in uno zaino e torna a Milano, direttamente all’ufficio Centro d’Aiuto della Stazione Centrale.

Tamara può contare sull’invalidità riconosciuta, ma non riceve gli accrediti dovuti e quindi non ha alcun sostegno economico. Per fortuna al dormitorio dove viene accolta le parlano del Centro diurno “Punto Ronda” dove può trascorrere la giornata cercando di costruirsi un futuro in Italia, dove dovrà restare per motivi di salute, per i necessari controlli, per la gestione della protesi, per altri anni.

La rete di aiuto che viene creata per lei prevede un posto in un mini appartamento dove può vivere con maggiore privacy e con le comodità che la sua situazione di salute richiedono, ma al contempo le viene proposta una borsa lavoro di sartoria e ricamo. Qui scopre che il modo di fare vestiti varia nel mondo: mentre in Nigeria si prendono le misure, si sceglie il tessuto, poi si taglia, si cuce e la cliente lo ritira, in Italia impara a imbastire il lavoro, a fare più prove con relative modifiche, prima della consegna finale. E’ un modo diverso di concepire l’abito, ma è un’attività che le piace e le riesce comunque bene.

Oggi si sente fortunata: sa che altre persone con la sua stessa diagnosi non ce l’hanno fatta e la sua fede le fa dire che forse è perché deve ancora fare qualcosa di positivo nella vita. Con questo spirito ha riallacciato i rapporti con la sorella perché non vuole incomprensioni: ha capito che la vita può essere imprevedibile e una sorella è sempre un affetto importante. E lo sono anche la figlia e i genitori, con cui tiene i rapporti tramite skype ogni fine settimana. Il sogno è quello di poter trovare una sistemazione abitativa che le consenta di far venire in Italia la bambina che le manca molto e quindi prosegue il suo impegno quotidiano nello studio dell’italiano, nel lavoro e nella frequentazione del Centro diurno dove ha ritrovato serenità e soprattutto il sorriso, perché finalmente respira un’aria positiva, di accoglienza.

Non ci resta che augurare a Tamara tanta salute… cucita su misura!